In Veneto 8 milioni di giorni di assenza all’anno: sono molti a nascondere un’altra occupazione. E le aziende si affidano agli investigatori privati.

VENEZIA Dipendente di un’azienda padovana del settore alimentare assente. Giustificazione: epicondilite o «gomito del tennista ». Non poteva sollevare pacchi e bancali ma tagliare legna, caricarla sul camion e consegnarla a domicilio sì, perché quello faceva nelle ore di malattia, pagate dall’Inps. Distorsione al ginocchio e dipendente pubblico del Veneziano a casa nella settimana del Carnevale. Meglio, a casa la sera, perché di giorno gestiva un negozio di maschere. Custode di una villa pizzicato a fare tutto, lavori e lavoretti vari, tranne vigilare sulla nobile dimora. Ancora, magazziniere trevigiano temporaneamente inabile al lavoro, la domenica finiva regolarmente a referto nelle partire del Postioma Calcio: con la palla al piede ci sapeva fare parecchio, dicono. Autista di Tir per una ditta di trasporti, dopo un incidente non poteva guidare il camion, quello del padrone almeno: il suo, carico di mobili che scaricava all’indirizzo del cliente, lo portava benissimo… C’era una volta il fannullone con la effe maiuscola, voce dal verbo dell’allora ministro per la Funzione pubblica, Renato Brunetta. Specie in via d’estinzione? Probabilmente, anzi, quasi certamente no.

Eppure sul fronte assenteismo, a sentire chi è coinvolto nel fenomeno, la sensazione è che qualcosa sia cambiato. Assenteista sì, ma stakanovista. Esperienza maturata sul campo da Antonio «Tony» Bericotto, titolare della trevigiana Templar investigazioni. «Una volta ci occupavamo di quelli che, in malattia, andavano ad arbitrare partite di calcio, quando non a giocarle. Adesso chi si mette in malattia spesso va a fare un altro lavoro». Le parole di Luciano Ponzi, nome storico del settore, confermano la prima sensazione: «Fino a qualche anno fa non era difficile trovare imprenditori pronti a chiudere un occhio di fronte a qualche assenza sospetta. Oggi è tolleranza zero». Dalla sede veronese della sua agenzia Ponzi chiama in causa la crisi, ma soprattutto regala un dato: «Il 70 per cento del fatturato dell’agenzia deriva da contratti con aziende». Non si tratta sempre di raccogliere prove contro un sospettato di assenteismo, perché le imprese chiedono molti altri servizi, ma «i cinque, sei casi al mese» di cui si occupano Ponzi e i suoi confermano come gli investigatori privati siano diventati uno strumento cui le aziende, in anni recenti, fanno un uso crescente quando l’obiettivo è dare scacco matto a chi gioca con certificati medici a scapito del titolare, spesso dei colleghi, quindi dell’Inps, chiamato a coprire le giornate di (finta) malattia. «Siamo l’extrema ratio – dice Mauro Mattotti, ex finanziare, oggi a capo della mestrina Victoria Investigazioni – cui le imprese ricorrono per battaglie spesso infinite. Le aziende cercano di fare tutto il possibile per togliersi dai piedi questi problemi e queste persone». Dati dell’Inps per il Veneto, anno 2013 (l’anno appena concluso non è stato ancora elaborato). I dipendenti del settore privato di casa nostra si sono ammalati per 6.816.873 giorni, che corrispondono a 819.103 «eventi» o malattie per cui i medici hanno stilato certificati di copertura. Nel pubblico, stesso anno di riferimento, 2.034.557 giorni di assenza, per 293.942 eventi-malattia.

Tutti fannulloni? Decisamente no ed è bene precisarlo. La stragrande maggioranza delle assenze da lavoro deriva da reali problemi di salute, regolarmente certificati. Lo dimostra anche la scomposizione trimestrale del dato. Tanto per il privato quanto per il pubblico, nel primo e quarto trimestre dell’anno si registrano i picchi di assenze: nei mesi freddi, epidemie e malattie di stagione fanno sentire il proprio peso. Un dato, dell’Inail stavolta, potrebbe riaccendere qualche sospetto. Dei 36.058 infortuni sul lavoro contabilizzati in regione nel 2013, il picco (7.153) si registra il lunedì, quando i lavoratori, temprati dal riposo del fine settimana, dovrebbero essere più attenti e in forze. C’è l’idea di allungare la domenica, o di accorciare la settimana? Qualcuno ci avrà pensato, dirà l’avvocato del diavolo. Tornando agli «occhi privati», il campionario di casi recenti dà buone pezze d’appoggio all’immagine dell’assenteista-stakanovista. Bericotto ne ha un altro, esemplare. «Un po’ di tempo fa ci è capitato di lavorare sul caso di un dipendente di una ditta trevigiana del settore elettrico. Questo elettricista era al lavoro pochi giorni al mese e, per il resto, sempre in malattia. Abbiamo scoperto che lavorava stabilmente per un antennista…». Quanto al veneziano che si dava malato per lavorare al negozio di maschere – ricorda invece Ponzi – è stato denunciato all’Inps per truffa, e pure licenziato». Ma finali come questo, anche di fronte a prove di «reato» che il senso comune giudicherebbe schiaccianti, sono tutt’altro che scontati. «In generale – spiega Patrizio Bernardo, avvocato, responsabile del dipartimento lavoro per lo studio legale Ls, doppia sede, a Padova e Milano – queste fattispecie non sono facili da “giustiziare”. L’accertamento del fatto è spesso discutibile e poi si incrocia il tema della compatibilità dell’attività svolta (quella che prende il posto del lavoro mancato, ndr) con il recupero psicofisico della persona».

Di fronte a uno stato di depressione che giustifica l’assenza dall’ufficio, un’ora di tennis può essere letta, dal giudice e prima dal medico, come attività salutare e consigliabile. «Noi – riprende Bernardo – ci siamo imbattuti in un caso di diciassette certificati di malattia che iniziavano sempre al lunedì e per quello ci siamo spinti fino alla segnalazione all’ordine dei medici. In sede di procedimento disciplinare ci siamo sentiti dire che il tipo di disturbo si prestava a riattivarsi il lunedì…». Una sconfitta, ci sta: «Che l’ordinamento tuteli la malattia – dice il legale – è vero ed ha una sua logica. Il fatto è che si entra in un campo ad alto grado di opinabilità, è un margine intrinseco alla materia…». Talmente aleatori, i conflitti in tema di assenteismo, che quando si è trattato di chiudere il rapporto tra un’azienda meccanica di Vicenza e un operaio che, a casa per problemi alla colonna vertebrale, era stato pescato » a vendere scarpe nel negozio della moglie, l’avvocato padovano e i suoi collaboratori hanno fatto leva su altro (c’è sempre una colpa, direbbe Kafka). Morale della favola: licenziare un campione di assenteismo non è facile, neppure quando è uno stakanovista del doppio lavoro.

06 aprile 2015 – corrieredelveneto.corriere.it

Puoi leggere l’articolo originale al seguente link: Da assenteisti a «stakanovisti»finti malati per il doppio lavoro

 

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